Attenzione Fluttuante? – Studio Gayatri Counseling Filosofico
Non riusciva proprio a scrollarsi di dosso la malsana abitudine di anteporre il proprio io ogni volta che ascoltava i problemi di qualcuno:
“Io avrei fatto così! Tu dovresti fare come me! Fai in questo modo, io l’ho fatto, vedrai che risolverai tutto! Te lo dico io come ti devi comportare in certe occasioni! Io ho la soluzione per te, ho letto un libro io, ho consultato internet io!”.
E pensare che lo aveva sentito più e più volte il monito di Nietzsche: “Togli il tuo io!” a significare che se davvero si desidera conoscere qualunque cosa con una certa profondità non possiamo appoggiarci sui nostri pregiudizi.
Dal consulente filosofico, allo psicologo, dallo psicanalista a chiunque presti le proprie orecchie per ascoltare le confidenze di chicchessia, tutti dovrebbero sottostare alla buona abitudine di dimenticarsi in qualche modo di se stessi.
In psicologia si chiama “attenzione fluttuante” cioè quell’atteggiamento in cui si richiede di abbandonare le proprie inclinazioni per poter più facilmente entrare in sintonia con l’inconscio del paziente.
Ciò non vuol dire, come spesso accade nel settore olistico di basso livello, che il “terapista” debba entrare in una specie di trance dalla quale attingere le risposte esatte da fornire a chi abbia richiesto il suo aiuto.
Non significa diventare visionari intuitivi e telepatici, bensì semplicemente evitare di proiettare le proprie problematiche personali sulla persona che si desidera aiutare.
Non posso comprendere l’altro affidandomi a quel che sono io, a come io vedo il mondo, a come io ho affrontato determinate situazioni, alle mie idee di giusto e sbagliato o alla visione che io ho della vita.
Per capire profondamente l’altro devo rimuovere lo schermo che mi separa da chi ho di fronte e lo schermo più ostinato è proprio il mio io, qualora si convinca che tutta una serie di cataloghi e di schemi mentali acquisiti sia la panacea per risolvere i problemi del mondo.
Il consulente filosofico, inoltre, non si deve sostituire allo psicanalista e tanto meno allo psichiatra. Si deve semplicemente limitare a dialogare in senso generalizzato con il proprio interlocutore.
Vediamo insieme un piccolo esempio.
Roberta mi dice: “Non mi sento capace di amare!”
Io non ho il compito di indagare sulla sua vita o sulla sua infanzia in profondità (ovviamente ascolterò volentieri Roberta qualora avesse voglia di sua iniziativa di raccontarmela) quanto invece di discutere insieme a lei su cosa sia l’amore.
In questo modo, da sola, senza essere indirizzata verso una precisa condotta, piuttosto che un’altra, potrà vedere l’amore sotto maggiori e diverse angolazioni e, magari, scoprire che, come tutti, siamo in grado di amare in talune occasioni e in talune altre di meno, ma che, tutto sommato, non si trova drammaticamente nella condizione di non sapere amare in senso assoluto.
Nel campo olistico ci sono davvero troppi operatori che si dilettano nell’imitare gli psicanalisti o gli psicologi senza averne le credenziali e questo arreca più danno che bene a chi soffre ed ha bisogno di conforto.
Potremmo dire che, nel caso del consulente filosofico, l’attenzione fluttuante dovrebbe essere praticata per distogliere la propria concentrazione dal desiderio di emulare goffamente gli analisti qualificati, per dirigerla invece sulle tematiche come l’amore, la solitudine, il rancore, l’abbandono, e così via, in senso generalizzato.
Molti hanno ancora le idee davvero confuse in merito ai propri sentimenti e alle proprie emozioni.
Il consulente filosofico aiuta a fare chiarezza ampliando vedute e prospettive.
Egli è, in verità, una specie di confessore, di amichevole confidente con il quale affrontare problematiche esistenziali in senso più ampio e maggiormente approfondito, di modo da potere ottenere una visione più chiara del mondo e della propria natura spirituale interiore.
Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Counseling Filosofico
natyan
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