Guarda che lo faccio per te!
E’ davvero sempre un grande favore?
Non potrebbe essere, invece, anche un bel modo, si fa per dire, che abbia il fine di fare sentire in debito qualcuno?
“Guarda che lo faccio per te!”.
Un modo alquanto subdolo per rinfacciare il favore fatto.
Un astuto modo per creare sensi di colpa nell’altro nel momento in cui non potrà o non riuscirà a contraccambiare.
Un bel modo, si fa ancora per dire, per far sentire l’altro disgiunto da coloro che sono stati esclusi da quel favore: “guarda che lo faccio per te, perché se fosse per la tua azienda…”.
Peccato che il soggetto in questione potrebbe sentirsi, invece, una cosa sola con l’azienda per la quale tanto si è sacrificato e che rappresenta una grande porzione della sua esistenza; vederla così discriminata, come se fosse una cosa non meritevole di attenzioni, di considerazione, significa deprimere proprio colui per il quale si è detto: “guarda che lo faccio per te e non per…”.
Quante volte ci può capitare di credere di procurare piacere agli altri infliggendo loro, invece, sanguinose ferite?
Quante volte facciamo per gli altri cose che non ci sono state richieste, salvo poi rinfacciare loro di avergliele fatte pretendendo gratitudine?
Quante volte facciamo cose che sarebbe meglio che l’altro le facesse da solo, dandogli il diritto e/o dovere di provare, di fare esperienza e di sbagliare?
Tratteremo anche questo nel Corso sul Counseling Filosofico che ripartirà ad ottobre 2022.
Pesare le parole, rallentare la mente, verificare i pensieri prima che producano suoni sgraziati per le orecchie altrui, è un metodo squisitamente fruttuoso per allenarsi a guardarsi dentro ed evitare nocive conseguenze.
natyan
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