MORALISMO E SCARICHE AFFETTIVE
Già verso la fine dell’ottocento, Wilhelm Maximilian Wundt, filosofo e psicologo tedesco, fondatore della psicologia sperimentale, formulò la teoria del primato affettivo.
Intendeva con AFFEZIONE tutte quelle minime scariche, piacevoli o spiacevoli, che proviamo ogni volta che avviciniamo qualcosa o qualcuno, letture comprese.
Il corpo ce le procura per poter stabilire in fretta se ciò che stiamo avvicinando sia di beneficio oppure di danno.
Si tratta di sensazioni piccole e fugaci, che possiamo provare anche solo leggendo una parola, come per esempio, gioia o malumore.
Come già spiegato nel post intitolato “la morale del disgusto” corriamo il rischio di dichiarare che una cosa sia giusta o sbagliata anche solo per il fatto che quella cosa ci arrechi gusto o disgusto.
Spesso, secondo Wundt sempre, noi proviamo attrazione o repulsione per qualcosa nel momento stesso in cui la vediamo e io aggiungo che, bene che vada, possiamo avere, in situazioni specifiche, una sensazione di indifferenza non percependo alcuno stimolo particolarmente rilevante.
La mente reattiva è sorprendentemente veloce nel giudicare e non lascia il tempo alla ragione di verificare la propria posizione con altrettanta celerità.
Provate ad osservarvi quando incontrate qualcuno che non vedevate da molti anni.
La sensazione di piacevolezza o spiacevolezza, di simpatia o antipatia, si sprigiona in un paio di secondi mentre occorre più tempo per rammentarci chi mai sia quella persona che, accidenti, ci ricordiamo di averla già vista da qualche parte, ma dove mai l’abbiamo conosciuta?
I flash del giudizio, o se vogliamo della critica, avvengono con una rapidità tale da precedere qualunque altro pensiero in merito alle cose che stiamo guardando.
Nel post più sopra menzionato facevo riferimento ai “Festival Pride” ma potrete notare quanto il “primato affettivo” sia veloce, semplicemente quando pubblicate qualcosa e vi ritrovate una risposta completamente fuori tema.
Il lettore ha passato gli occhi tra le vostre righe e, in men che non si dica, le scariche affettive hanno già deciso il tipo di commento senza nemmeno avere inteso bene il significato del post.
La reazione immediata ci serve quando, per esempio, guidando l’auto, dobbiamo decidere velocemente se sterzare a destra o a sinistra, ma diventa un disastro quando si tratta di comunicazione nelle relazioni o quando dobbiamo dare un giudizio su problemi importanti come quelli che riguardano l’etica del comportamento o la morale.
Allenarsi a rallentare il pensiero è un esercizio fondamentale se si desidera comunicare senza provocare diverbi e discordia.
Per dirla con Henry Ford: “Se c’è un segreto del successo nella comunicazione, è la capacità di recepire il punto di vista degli altri e vedere le cose dalla loro prospettiva, così come dalla propria”.
Tratto dal Corso: Counseling Filosofico – Diventa Consulente Filosofico
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natyan
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