Il cervello non serve? – Studio Gayatri Reiki Monza
“Ma la smetta con la psicologia o la sociologia! Per imparare il Reiki non occorre studiare, basta il cuore, e Mikao Usui si rivolterebbe nella tomba se solo leggesse le sue fesserie!”
Questa, in sintesi, una risposta trovata sotto un mio post in Facebook.
Quale genitore sarebbe così sprovveduto da iscrivere un proprio figlio in una scuola dove ancora vengono usati metodi antiquati e in disuso dell’ottocento?
Eppure c’è ancora chi crede che si possa diventare insegnanti Reiki solo imparando qualche simbolo e illustrando improbabili teorie esoteriche importate dalla new-age.
In realtà, se le discipline orientali stanno sempre più prendendo il sopravvento non è perché siano in grado di fare miracoli cosmici, quanto invece perché, nonostante i progressi scientifici, la relazione medico-paziente è peggiorata (come sostiene lo storico scientifico Edward Shorter) ed occorre conoscerne le cause.
Dalla scoperta dei sulfamidici e degli antibiotici, fino ad oggi, abbiamo iniziato ad essere curati molto meglio ma, allo stesso tempo, anche meno, in virtù delle sempre più sofisticate metodologie.
Prima di tutto la scomposizione della relazione umanistica dovuta alle diverse specializzazioni. A seconda dei sintomi si passa da un medico ad un altro senza quasi mai riuscire a stabilire una relazione umana con nessuno di loro, a causa dei numerosi rapporti parziali.
Il luogo dell’incontro tra medico e paziente, oggi, non è certo quello della propria confortevole casa, la quale rendeva tutto più familiare, bensì una fredda sala d’attesa (moltiplicatrice dell’ansia) con conseguente frettolosa visita dovuta al numero dei pazienti, sempre più numerosi e sempre più impazienti.
L’uso degli altrettanto “gelidi” strumenti diagnostici, necessariamente privi di anima, ha ancor più ridotto il tempo che in passato veniva dedicato al malato, il quale aveva le sue “storie” da raccontare ed era felice quando veniva ascoltato.
Di certo non si possono fare quattro chiacchiere con una risonanza magnetica e, una volta terminato l’esame, devi andartene il più velocemente possibile, poiché ci sono altri in attesa.
E’ venuto perciò a mancare il contatto da cuore a cuore, la relazione interpersonale.
Certamente, dicevo, veniamo curati meglio, grazie a tutte le fredde strumentazioni, ma il disagio di essere curati in tono minore, in termini di relazione umanistica, ha moltiplicato paradossalmente l’insoddisfazione.
Dove risiede l’inghippo?
Gli operatori olistici subdoli e polemici, anziché spiegare le ragioni del malcontento, aizzano ancor più i pazienti contro la medicina ufficiale e li incitano ad abbandonarla, anziché limitarsi ad aiutarli dal punto di vista affettivo.
La medicina scientifica non può essere sostituita dalla medicina umanistica, altrimenti sarebbe come tornare all’epoca preistorica, dove con tutta la buona volontà si porgeva attenzione ed amore al paziente ma non si avevano i mezzi di supporto per aiutarlo concretamente.
Chi dice che studiare non serve è come se dicesse che un’aquila possa volare anche solo con un’ala.
Oggi è possibile capire, approfondire, migliorare, perfezionare e sarebbe del tutto sciocco emarginare il cervello credendo che per aiutare le persone sia sufficiente il cuore.
Il termine olistico ha a che fare giustappunto con l’unità, l’insieme, e questo vale per tutto.
Perfino il cuore inteso in senso fisico non può funzionare senza l’aiuto del cervello.
Allo stesso modo l’affetto, o la fede in una fantomatica energia cosmica, non sono in grado di curare qualcuno integralmente.
Reiki è donare alle persone quel che a loro manca, non certo togliere quel che hanno già.
E’ del tutto inutile addizionare, se poi si sottrae.
Per concludere: “Per sapere con certezza se Mikao Usui si stia rivoltando nella tomba, per ciò che insegno, bisognerebbe infilarcisi dentro con lui, ma credo sia sconsigliabile!”.
Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Reiki Monza
natyan
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