Brexit Sanremo e Noia Mortale – natyan Studio Gayatri Monza
“Nel leggere libri di storia ho avuto più volte la curiosità di sapere che cosa facesse, che cosa dicesse, durante i principali avvenimenti, tutta quella parte di pubblico che non ha l’onore di essere ricordata nei libri”.
Così si esprimeva Giovanni Visconti Venosta nei suoi “Ricordi di Gioventù” e di certo non poteva prevedere che un giorno, grazie ai social, ognuno avrebbe potuto essere in qualche modo ricordato. Se fosse vissuto ai giorni nostri, però, avrebbe ancora avuto quel desiderio? O gli sarebbe passata totalmente la voglia, visti i risultati?
Chi tra di noi finirà nei libri di storia di economia, magari dopo aver preso un Nobel, alzi la mano!
Nessuno, ma eccoci qua, ben visibili agli occhi del mondo e, pur essendo anonimi ignoranti in materia, abbiamo già previsto, con certezza assoluta, quelli che saranno gli sviluppi monetari inglesi del dopo Brexit.
Un applauso signori! Non conosciamo Kahneman (anche perché se lo conoscessimo non ci azzarderemmo in previsioni economiche a lunga gittata) ma conosciamo il futuro di un’intera nazione. Ho visto gente esaltarsi, anche in Italia, per la notizia dell’uscita dell’Inghilterra dall’Europa; come allo stadio, dopo il primo goal della propria squadra del cuore.
A proposito, ci sono squadre che dopo averne fatto uno, di goal, tornano a casa sconfitti con altrettante sei pappine, mai sentito parlare di questo?
Senza contare che può bastare un corona virus qualunque per mettere in ginocchio le borse di tutto il pianeta e un intero sistema.
Che dire poi di Sanremo!? Ancora qualcuno non ha capito che se scrivi: “Io non guardo Sanremo!” pensando di fargli la bua, ci saranno migliaia di persone che se ne interesseranno molto di più proprio perché avranno letto quel patetico slogan. Aumenteranno le vendite dei giornali che ne scriveranno, i talk-show che ne parleranno, e i pettegolezzi e gli scandali, che sono oro colato per ogni rubrica mediatica.
Ci lamentiamo che manca il lavoro e poi tentiamo (per fortuna vanamente) di boicottare uno spettacolo che procura occupazione a migliaia di persone? Non guardo il festival da anni perché non rientra nei miei gusti ma non è che se non lo guardo io mi senta autorizzato a non farlo guardare a milioni di persone.
Vogliamo poi parlare dei luoghi comuni circolanti, creati da quelli che, per disgrazia direi, finiranno nei “social di storia” e, quasi sicuramente, pure in qualche testo storico che vorrà ricordare come eravamo?
Le pagine di Facebook sono piene di post dall’aspetto altamente demagogico: “E’ uno schifo! Un calciatore guadagna milioni di euro e un chirurgo che salva ogni giorno vite umane ha uno stipendio irrisorio! Mi vergogno di essere italiano!”
Alla domanda: “Chi dovrebbe pagarlo il chirurgo?” di solito la risposta è: “Quelli che pagano i calciatori! Oppure… Lo Stato Italiano!”
Sono perfettamente convinto che se un presidente di una società calcistica riuscisse a riempire gli stadi per la visione in diretta di un’appendicite, un trapianto di un organo o per gli interventi con codice rosso, non avrebbe alcuna difficoltà a dare milioni di euro ai chirurghi. Piacerebbe anche a me che venissero vendute le magliette con la scritta Veronesi, anziché quella di Ronaldo, a livello planetario, ma recenti sondaggi asseriscono, chissà come mai, che non attecchirebbero allo stesso modo. In quanto allo Stato oserei ricordare che lo Stato, appunto, siamo noi, e non mi pare che noi, cittadini, si stia versando tasse per sovvenzionare gli acquisti dei calciatori, anzi, oltre ad usufruire di una parte dei loro stipendi, stiamo facendo abbonamenti televisivi per vedere le partite in diretta e farli quindi guadagnare di più. Non ho ancora sentito nessuno proporre al governo: “Vogliamo una Sky o una Dazn medica, per poter assistere e tifare per un chirurgo in fase di salvataggio di chiunque abbia fatto un incidente in auto!”.
Detto questo, per non essere frainteso, sia ben chiaro, ribadisco che anch’io preferirei veder guadagnare molto di più un chirurgo rispetto ad un calciatore, ma la cosa non dipende da nessun altro al di fuori di noi stessi.
Siamo noi a fare il mercato, con i nostri bisogni, i nostri interessi, le nostre eccitazioni emotive e la nostra disponibilità a spendere con scelte ben precise.
Il calciatore guadagna tanto perché crea profitto all’azienda-calcio per cui gioca.
Se abbiamo creato/voluto un sistema basato su valori capovolti con chi ce la prendiamo? Con lo Stato? Con i presidenti delle società calcistiche? E quel che fa più ridere è che, proprio coloro che si lamentano degli stipendi dei giocatori poi si lamentano della sanità italiana, dell’aumento dei ticket, si arrabbiano se fanno la fila al pronto soccorso anche se sono in codice verde, se la sala del medico della mutua è sempre affollata e non sono i primi: “Scusi, posso passare davanti? Sa, devo farmi fare solo una ricetta!” e che cavoli, gli altri che cosa sono venuti a fare lì dentro, per giocare a ruba mazzetto col dottore?
I casi perciò sono due, cari amici. O chiediamo allo Stato, quindi a noi stessi: “Vogliamo che i medici percepiscano stipendi da favola come i calciatori!” e accettiamo uno strabiliante e improponibile aumento delle tasse; oppure ci organizziamo per creare una serie di eventi da stadio, con tanto di gadget, merchandising, abbonamenti televisivi, competizioni internazionali tra chirurghi da Champions o da nazionale e, già che ci siamo, anche le figurine: “Scambieresti il gastroenterologo con il dentista? Mi manca!”.
Caro ed esimio Giovanni Visconti Venosta, ora che stanno diventando popolari anche quelli che, ai suoi tempi, mai sarebbero apparsi sui libri di storia, dia retta a me, qualora dovesse tornare, modifichi l’incipt del suo romanzo, mi creda, andrebbe incontro a letture di una noia mortale.
natyan
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