Questa ragazzina faceva la sherpa presso le cascate di Pyin Oo Lwin, a circa due ore di strada da Mandalay. Era in grado, in caso di necessità, di caricarsi sulle spalle una persona di 60 kg e portarla, sia in salita ripida che in discesa, per un lungo e faticosissimo tragitto. E tutto questo per guadagnarsi da vivere, con i turisti di passaggio. “Niente turisti? Niente mangiare! Quanto costare accompagnamento? Tu decidere quello che vuoi!”. Nessuno di noi, ovviamente, per quanto stanchi e masarati di sudore, avrebbe mai accettato di farsi “trasportare” da un qualunque altro essere umano, figuriamoci da una ragazzina. Una volta terminato il tragitto ci siamo detti che non avremmo rifatto quel percorso nemmeno se ci avessero pagati, quel giorno, ma lei, dopo averla salutata, era già pronta per ripartire. Mi piaceva farla ridere e, a dirla tutta, era anche un modo per esorcizzare la stanchezza. Non si dice, forse, ridi che ti passa? Sono allergico ai vittimismi, quando non sono giustificati; mi ripugna il pensiero della lamentazione gratuita. Soprattutto dopo essere stato in compagnia di persone che non si arrendono e non esternano scoraggiamento nemmeno di fronte alle difficoltà più impervie. Ogni tanto mi capita di vedere postate, nei social, fotografie di un dito ingessato, o addirittura di un semplice cerotto su un ginocchio. Senza contare di quelli che non sanno fare altro che piangersi addosso e colpevolizzare tutti fuorché se stessi. In questo modo si attira solo pietismo e nulla più. Lo reputo un inutile mendicantaggio di attenzioni. Personalmente sono attratto dalle persone che sanno sorridere, che si prendono la responsabilità delle proprie azioni, che si caricano sulle spalle il peso della Vita senza pretendere di appesantire le spalle degli altri. Non c’è stato giorno, in tutto il tempo vissuto in Myanmar, che io non abbia incontrato “Maestri di Vita” che sono stati tali, per me, senza la loro coscienza di esserlo. Gratitudine Infinita.

natyan
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