Il Pranayama, (controllo ritmico del respiro) è, secondo lo Yogasutra di Patanjali, il quarto stadio dello Yoga. Insieme a Pratyahara (ritiro della mente dagli oggetti dei sensi), questi due stati dello Yoga sono conosciuti come le ricerche interiori (antaranga sadhana) ed insegnano come controllare la respirazione e la mente, quale mezzo per liberare i sensi dalla schiavitù degli oggetti di desiderio. La parola Pranayama è formata da Prana (fiato, respiro, vita, energia, forza) e da Ayama (lunghezza, controllo, espansione). Il suo significato è quindi di controllo ed estensione del respiro. Il Prâna è il soffio invisibile che unisce tutti gli esseri viventi e che dà loro vita
Swami Shivananda afferma che «il prâna è la somma di tutte le energie contenute nell’universo», è l’energia indifferenziata che pervade e anima tutto il creato e che si manifesta in ogni luogo ed in ogni momento in forme sempre differenti. Radiazioni elettromagnetiche, magnetismo, gravitazione e persino il pensiero rappresentano sottili forme di prâna: noi esistiamo in un oceano di prâna. Il Prâna in realtà è una sola energia, ma appare molteplice osservandola nelle sue diverse funzioni.
Il prâna, proclamano i Rishi, può essere accumulato nel sistema nervoso centrale e in particolare nel plesso solare: lo Yoga fornisce il potere per indirizzare questa corrente energetica coscientemente e volontariamente tramite il pensiero.
Circola in noi attraverso canali sottili che si chiamano nâdî e assume nomi e funzioni diverse. Mentre inspiriamo, questa energia si diffonde in noi; espirando esce da noi ciò che non ci occorre.
Quando siamo nati il nostro primo atto è stato inspirare ed è un dono che restituiremo con l’ultimo atto che sarà l’esalazione del respiro quando ce ne andremo.