La psicologia cognitiva ci dice che alcuni pregiudizi rappresentano una forma di adattamento, in quanto portano ad agire in maniera più idonea ed efficiente in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più rapide quando maggiormente necessario. In effetti, nella storia dell’evoluzione, molti comportamenti hanno una funzione adattiva all’ambiente. E’, dunque, insito in noi avere degli schemi e dei modelli ben precisi cui fare riferimento. Un’altra idea è che la presenza di un “pre-giudizio”, ossia di un giudizio presupposto, è dovuta al semplice fatto che ogni relazione che i soggetti costruiscono tra di loro e col mondo esterno si muove in contesti culturali e sociali già definiti. Se è vero però che molti comportamenti sociali hanno una funzione ben precisa nella storia dell’evoluzione, è anche vero che, quando gli stessi debordano, costituiscono una piaga. Non sempre il pregiudizio parla una lingua chiara e si esprime con evidenza (come nel caso di ingiurie o aggressioni vere e proprie ai danni dei più deboli). A volte, esso ha un linguaggio non verbale, è sottile e ancor più pericoloso. Avete mai notato come, in treno, un italiano tenda a sedersi vicino ad un altro italiano piuttosto che vicino ad un immigrato? Quanto più le persone hanno un pregiudizio implicito, o inconscio, verso un determinato gruppo sociale, tanto più esprimeranno disagio e manterranno un certo distacco. Capita spesso, per esempio, nella relazione tra un normodotato e un disabile che non si conoscono, laddove il normodotato tende ad evitare lo sguardo del disabile in questione. Il pregiudizio è potente, tanto da riuscire a modificare la nostra percezione ingannando il cervello. Vi è mai capitato di vedere in tv o sui giornali la foto di un criminale ed esclamare “ha proprio la faccia da delinquente?”. Il pregiudizio riesce a modificare persino il modo di percepire un volto, come emerso da uno studio condotto da due scienziati (Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman). Essi hanno mostrato a un gruppo di volontari le foto di diverse persone e hanno monitorato attraverso FMRI ciò che accadeva nel loro cervello. Il test ha evidenziato come la maggior parte dei volti di persone di colore fosse percepito come “arrabbiato” mentre quelli femminili sono stati indicati per lo più come “felici. Curiosamente, i volti asiatici sono stati visti come “femminili” e quindi “felici” indipendentemente dal genere della persona ritratta. Secondo i ricercatori quindi, gli stereotipi non solo esistono, ma riescono a ingannare il nostro cervello che a sua volta ne rinforza le radici dentro di noi. Il pregiudizio è una delle più grandi forme di debolezza dell’uomo.