Avevo già scritto un breve articolo sulla Mindfulness, pratica già insegnata dal Buddha 2500 anni fa. Oggi la vediamo in maniera dettagliata.
Respirare consapevolmente significa essere sempre padroni di se stessi, avere una mente quieta, lucida e presente. Il Sutra Anapanasati, o Sutra sulla Piena Consapevolezza del Respiro, ci parla dei sedici esercizi per la pratica della respirazione cosciente. La diffusione di questo sutra, di straordinaria bellezza, è iniziata, in Vietnam, nel I secolo dopo Cristo.
I primi quattro esercizi sono focalizzati sul corpo; i secondi quattro sulle sensazioni, i successivi quattro sulla mente, gli ultimi quattro sono focalizzati sui fenomeni, ovvero le percezioni.
Nel primo esercizio del Sutra Anapanasati riconosciamo una cosa semplice e miracolosa:
“Inspirando, so che sto inspirando. Espirando, so che sto espirando”.
1) Riconoscete semplicemente il vostro respiro. Dire “so che sto inspirando, so che sto espirando” significa che state portando tutta la vostra attenzione, tutta la vostra mente, sull’inspirazione e sull’espirazione. In questo modo lascerete andare, senza sforzo, pensieri e preoccupazioni. Se volete, potete contare: 1 inspiro -1espiro; 2 inspiro-2 espiro, e così via. Potete anche mettere una mano sull’addome e portarvi tutta l’attenzione: “Il mio addome si solleva (inspirando), il mio addome si abbassa (espirando)”. Concentrando la vostra attenzione sul sollevarsi e l’abbassarsi dell’addome, tutti gli altri pensieri si arrestano. Se non riuscite a dormire, provate a farlo, consentirete così al cervello di riposare, all’agitazione e all’irritazione di calmarsi.
Il secondo esercizio consiste nel prendere atto della lunghezza del respiro:
2) Viene chiamato anubandhana e consiste nel seguire il respiro con la mente. Se si tratta di un respiro prolungato, prendetene atto mentalmente. “Inspirando un lungo respiro, so che sto inspirando un lungo respiro. Espirando un lungo respiro, so che sto espirando un lungo respiro” e, allo stesso modo, meditate con il respiro breve. Quando c’è il sole, la sua luce non fa altro che risplendere sulla terra. Non cerca di diffondere i suoi raggi ovunque e non obbliga la terra ad assorbirli. Il sole splende e basta. Così, il Buddha ci disse di non forzare il respiro ma osservarlo semplicemente, lungo o breve che sia. Dedicatevi diligentemente a questi due primi esercizi, in modo da padroneggiarli.
Il terzo esercizio consiste nell’essere consapevoli del corpo:
“Inspiro e sono consapevole di tutto il mio corpo, espiro e sono consapevole di tutto il mio corpo”.
3) Inspirando diventiamo consapevoli dell’aria che entra nei polmoni e sentire l’espansione e la contrazione del diaframma. Sentiamo come il respiro riempie le nostre cellule e tutte le parti del nostro corpo. Anche quando camminate, siate consapevoli di ogni vostro passo e quando alzate una mano portate l’attenzione al sollevarsi della mano. Se alzando la mano seguite il respiro, questo diventa elemento di unione tra corpo e mente. Quando corpo e mente sono insieme potete guardare in profondità.
Il quarto esercizio consiste nel calmare il corpo:
“Inspiro e calmo e rassereno l’intero corpo. Espiro e calmo e rassereno l’intero corpo”.
4) Nel quarto esercizio seguiamo il respiro e calmiamo il corpo: calmiamo il fegato, il cuore, le palpebre, gli occhi, l’intestino, ogni parte del corpo. Entrate in contatto con il corpo. Calmarlo, aiuta a calmare la mente. Spesso il corpo, per i troppi pensieri, diventa teso, portate dunque il vostro respiro e il vostro sorriso anche agli organi interni .
Passiamo ora ai quattro esercizi che hanno a che vedere con le sensazioni: il quinto è sulla gioia, il sesto sulla felicità, il settimo è sulle attività della mente, mentre nell’ottavo calmiamo le attività della mente e le sensazioni. Iniziamo dal quinto:
“Inspiro e provo gioia. Espiro e provo gioia”.
5) Potete praticare questo esercizio scrivendo una lista di tutte le cose che vi danno gioia. Iniziate con una e nutritevi fino in fondo di essa. La gioia è fatta di pace, non è una sensazione eccitativa. Un esempio: se desidero dell’acqua fresca, non mi nutro dell’eccitazione che mi fa pregustare quell’acqua, ma gusto realmente quella gioia, quell’acqua: ecco, la felicità è assaporare fino in fondo quell’acqua.
Il sesto esercizio consiste proprio nel godere concretamente delle cose meravigliose che abbiamo:
“Inspiro e mi sento felice. Espiro e mi sento felice”.
6) La pratica del quinto e del sesto esercizio va fatta senza fretta. Vivete concretamente la gioia e la felicità che sono attorno a voi e in voi. Siate in contatto con i vostri meravigliosi occhi, che possono vedere la natura, siate consapevoli che potete ascoltare il canto della pioggia e degli uccelli, sentire il vento sulla pelle e godere di molte cose! Praticando questo passo svilupperete la gratitudine e insegnerete alla vostra mente a gioire di ciò che siete e avete in questo momento.
Nel settimo esercizio siamo consapevoli di tutte le sensazioni:
“Inspiro e sono consapevole delle sensazioni che sono in me. Espiro e sono consapevole delle sensazioni che sono in me”.
7) Ad esempio, se state mangiando una pesca, diventate davvero consapevoli del suo dolce sapore. Questo lo potete riportare su tutte le vostre sensazioni, belle o brutte. Se siete arrabbiati con qualcuno, siate presenti alla rabbia e meditate, sentite cosa accade nel vostro corpo, E poi fatelo con la gioia, la compassione, con qualunque sensazione proviate. Essere consapevoli: è facile a dirsi, ma non è affatto una pratica semplice. Praticate, all’inizio, con un gruppo che vi aiuti e vi sostenga.
L’ottavo esercizio consiste nel calmare tutte queste sensazioni:
“Inspiro e calmo e rassereno le attività della mente in me. Espiro e calmo e rassereno le attività della mente in me”.
8) È necessario mantenere calma qualsiasi sensazione, anche una sensazione di gioia, perché nella gioia c’è eccitazione e quell’eccitazione deve essere calmata. Se poi in voi c’è una sensazione dolorosa, che deriva dalle vostre preoccupazioni, da rabbia, gelosia, disperazione, è davvero necessario riconoscere e abbracciare quella sensazione. Questo esercizio consiste proprio nel calmare le sensazioni, nello stesso modo in cui si calma un bambino che ha il mal di pancia: ci si rende conto che ha male alla pancia, lo si tiene in braccio e lo si calma. Siate come madri amorevoli che cullano la rabbia, il dolore, le paure come fossero neonati bisognosi di cure.
Passiamo ora agli esercizi dal nono al dodicesimo.
Se ci prendiamo cura delle percezioni, ridurremo le sensazioni dolorose, anche fisiche, che provengono da esse. Le nostre percezioni erronee sono, infatti, la radice di innumerevoli sofferenze.
Nel nono esercizio siamo consapevoli delle formazioni mentali:
“Inspiro e sono consapevole delle formazioni mentali. Espiro e sono consapevole delle formazioni mentali”.
9) E’ diverso dal settimo, che prendeva in considerazione soltanto le sensazioni, qui entrano in gioco tutte le formazioni mentali. Inspirando, sono consapevole, riconosco la formazione mentale che è presente in me in questo momento, che si tratti di rabbia, tristezza, gelosia o avversione. La riconosco e la chiamo per nome: orgoglio, sospetto, gelosia, avidità. Le formazioni mentali vanno prima chiamate per nome e poi abbracciate.
Nel decimo esercizio rassereniamo la mente:
“Inspiro e calmo e rassereno la mente. Espiro e calmo e rassereno la mente”.
10) Immaginate di disegnare un cerchio e di dividerlo in due. La parte inferiore rappresenta l’inconscio, mentre la parte superiore è la coscienza mentale. Sappiamo che l’inconscio custodisce tutti i semi. Quando questi semi si manifestano diventano formazioni mentali. Nel decimo esercizio cerchiamo proprio di entrare in contatto con questi semi, per permettere loro di manifestarsi e crescere come piante. Coltivate il seme della pace, della serenità, della compassione e della gioia. Aiutiateli a crescere, donando loro l’acqua della consapevolezza. Osservate e vedete la vostra pianta crescere rigogliosa.
Nell’undicesimo esercizio concentriamo la mente:
“Inspiro e concentro la mente. Espiro e concentro la mente”.
11) Usate la presenza mentale e la concentrazione per entrare in profondità nella vostra mente con tutte le sue manifestazioni. Se arriva la tristezza, per esempio, potete immaginarla come una dea. E’ viva, ha le sue sembianze. Invitatele a sedersi accanto a voi e parlatele, conoscetela, abbracciatela. Non fuggite, perché si fugge solo da ciò che non si conosce. Una volta conosciuta, non ne avrete più paura.
E ora il dodicesimo esercizio:
“Inspiro e libero la mente. Espiro e libero la mente”.
12) Ora lasciate andare, liberate la vostra mente. Avete riconosciuto i vostri pensieri, le vostre sensazioni, le vostre percezioni, li avete chiamati per nome. Ora è il momento di lasciarli andare. Inspirate aria fresca, nuova, inspirate nuove idee, nuova vita e lasciate andare tutto il vecchio.
Passiamo ora ai quattro esercizi che riguardano i dharma o fenomeni, grazie ai quali è possibile distruggere le percezioni erronee.
Il tredicesimo esercizio consiste nel consapevolizzare l’impermanenza:
“Inspiro e contemplo la natura impermanente della vita. Espiro e contemplo la natura impermanente della vita”.
13) Abbiamo in noi molti ostacoli dovuti all’ignoranza. Ci comportiamo come se dovessimo vivere un milione di anni, come se fossimo eterni, indistruttibili. Ma crediamo che tutto questo non ci riguardi, viviamo questa specie di follia. La nostra comprensione dell’impermanenza è molto superficiale: la vediamo solo come un’idea, una teoria, e agiamo nella vita quotidiana come se dovessimo esserci per sempre. Ma non è vero, non è così. La nostra vita è come una nuvola nel cielo. Se piantate dei girasoli e volete che crescano, l’impermanenza è indispensabile. Se il seme di girasole dovesse rimanere per sempre un seme, non esisterebbe il girasole. Il seme deve scomparire affinché il girasole appaia, e poi, affinché ci siano nuovi girasoli, il girasole deve diventare vecchio e morire. ecco l’impermanenza.
Ed ora il quattordicesimo esercizio:
“Inspiro e comprendo che i dharma (i fenomeni, gli oggetti conoscibili, quelli della mente,) non sono degni di essere desiderati. Espiro e comprendo che i dharma non sono degni di essere desiderati”.
14) In pratica, non provare attaccamento e desiderio per qualcosa. Dovremmo sapere che i fenomeni oggetto delle nostre percezioni sono impermanenti. Funzionano come esche, ma non sono degni del nostro desiderio, anche se per ignoranza possiamo ritenere che non sia così.
Dobbiamo guardare con cura nella natura di ogni fenomeno, in modo da comprenderne la relatività. Il Buddha ha detto che ci sono cinque tipi di desideri mondani: potere, denaro, sesso, fama e buon cibo. La maggior parte di noi ha sofferto a causa di questi o di uno o alcuni di questi desideri. Diventiamo consapevoli della prigionia dei desideri e liberiamoci. Non significa non desiderare qualcosa ma semplicemente non esserne schiavi.
Proseguiamo ora con il quindicesimo esercizio:
“Inspiro e contemplo la natura di non nascita e non morte di tutti i dharma. Espiro e contemplo la natura di non nascita e non morte di tutti i dharma”
15) Il termine nirodha significa “non nascita e non morte”, ma anche nirvana. Iniziamo a entrare in profondità nell’oggetto della nostra meditazione: dopo aver compreso l’impermanenza e la natura non degna di desiderio dei dharma, giungiamo al nirodha, che è la cessazione, l’estinzione di nascita e morte. Inizialmente osserviamo che le cose nascono e muoiono, hanno un inizio e una fine, un essere e un non essere. Il più grande dovere di un praticante è proprio andare oltre il mondo di nascita e morte ed essere parte del mondo di non nascita e non morte. Perché nascita e morte sono soltanto idee.
Passiamo infine al sedicesimo e ultimo esercizio:
“Inspiro e medito sul lasciar andare. Espiro e medito sul lasciar andare”
16) Se non riuscite a lasciare andare, non potete essere liberi. Abbandonate le vostre idee sulla nascita e sulla morte, sull’esistere e sul non esistere. Per essere felici occorre lasciare andare ogni convinzione che procura sofferenza. Molti di noi credono fermamente che “questo corpo è me”, ma se lasciano andare questa convinzione possono smettere all’istante di aver paura. Il sedicesimo esercizio è molto efficace e riguarda la pratica del lasciare andare le idee del sé e della durata della vita, condizione essenziale per essere davvero felici e stabili.
Non meditate se avete fame o se avete mangiato troppo. Il corpo ha bisogno di energia per meditare, ma se avete mangiato da poco proverete sonnolenza o vi distrarrete più facilmente. Dovete essere lucidi e concentrati, senza pensare al cibo.
Il Buddha ci insegnò, 2.500 anni fa, quella che oggi viene chiamata “Mindfulness”
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