io ha migliaia di nomi, o piuttosto, Egli è il Senza nome. Possiamo adorarLo o pregarLo con qualsiasi nome ci piaccia. Alcuni Lo chiamano (Rama), altri (Krishna), altri ancora Lo chiamano (Rahim), e infine c’è chi Lo chiama (Dio).Tutti adorano lo stesso spirito, ma come non tutti i cibi incontrano ogni gusto, nemmeno tutti i nomi esercitano lo stesso richiamo su tutti.Ognuno sceglie il nome secondo le proprie associazioni; Dio, essendo Colui che abita dentro di noi, l’Onnipotente e l’Onnisciente, conoscerà i nostri più riposti sentimenti e risponderà ad ognuno secondo i propri meriti.
L’adorazione è preghiera, perciò, non va eseguita con le labbra, ma con il cuore. Ecco perché possono levarla tanto il muto che il balbuziente, tanto l’ignorante che lo stupido. E le preghiere di coloro le cui lingue sono dolci come nettare, ma che hanno il cuore pieno di veleno, non vengono mai ascoltate. Colui che, perciò, voglia pregare Dio, deve mondare il proprio cuore.
La supplica, l’adorazione, la preghiera non sono superstizioni, sono atti più reali del mangiare, del bere, del sedere o del camminare. Non è un’esagerazione dire che essi soli siano reali e che tutto il resto sia irreale.
Tale adorazione, o preghiera, non è una folata di eloquenza; non è un puro omaggio a parole. Si sprigiona dal cuore. Se, perciò, raggiungiamo la purezza del cuore di quando è “svuotato di tutto tranne che d’amore”, se accordiamo ogni corda nel modo appropriato, esse “vibreranno di una musica inaspettata”.
La preghiera non ha bisogno di discorsi. Essa è per sua natura indipendente da ogni sforzo dei sensi. Non ho il minimo dubbio che la preghiera sia un infallibile mezzo di pulizia del cuore dalle passioni. Ma va associata alla massima umiltà.
E’ meglio, quando si prega, avere un cuore senza parole piuttosto che delle parole senza un cuore.
Io credo che la preghiera sia l’anima e l’essenza stessa della religione, e perciò la preghiera deve essere il nocciolo della vita di un uomo, dato che nessun uomo può vivere senza religione.
Vi sono alcuni che nell’egocentrismo della propria ragione affermano di non aver nulla a che spartire con la religione. E’ come se un uomo dicesse che respira, ma che non ha naso. Vuoi per ragione, vuoi per istinto, o per superstizione, l’uomo deve per forza ammettere una qualche sorta di relazione con il divino. Nemmeno il più incallito agnostico o ateo potrà negare il bisogno di un qualche principio morale, rispetto a cui distinguere fra bene e male, a seconda dell’osservanza o dell’inosservanza dello stesso.
La preghiera è, o postulativa o, nel suo senso più ampio, una comunione interiore. In entrambi i casi il risultato è lo stesso. Anche quando si prega per chiedere qualcosa, la richiesta dovrebbe riguardare la pulizia e la purificazione dell’anima, al fine di liberarla dagli strati di ignoranza e tenebra in cui è avvolta. Dunque, chi brama di risvegliare il divino in sé deve ricorrere alla preghiera. Ma la preghiera non è un mero esercizio della bocca o delle orecchie, né una mera ripetizione di formule vuote. Non serve a niente ripetere (Ramanama) finché si vuole, se l’anima non è partecipe. La preghiera deve rispondere distintamente al richiamo dello spirito che la brama. Un’anima affamata gusterà una preghiera sentita proprio come un uomo affamato gode di un pasto sostanzioso.
L’uomo che prega sarà in pace con se stesso e con il mondo intero, l’uomo che si occupa degli affari del mondo senza un cuore disposto alla preghiera sarà miserabile e renderà miserabile anche il mondo.
Una preghiera sentita è indubbiamente lo strumento più potente di cui l’uomo disponga per sconfiggere la viltà e tutte le altre inveterate cattive abitudini. La preghiera può essere offerta anche in silenzio, in qualunque momento.
Il tempo di Dio non si ferma mai. Fin dall’inizio la ruota del Suo tempo continua a girare senza soste. Anzi, non c’è inizio per Lui o per il Suo tempo […] Come ci si può permettere di non cogliere l’occasione di offrire preghiere a Colui il cui orologio non si ferma mai?
La vera meditazione consiste nel chiudere gli occhi e le orecchie della mente a tutto ciò che non sia l’oggetto stesso della propria devozione. Per cui la chiusura degli occhi durante le preghiere è un aiuto a tale concentrazione.
L’esperienza mi ha insegnato che il silenzio fa parte della disciplina spirituale di un seguace della verità. L’inclinazione a esagerare, a reprimere o distorcere la verità, volenti o nolenti, è una debolezza naturale dell’uomo, e il silenzio è necessario per superarla. Un uomo di poche parole raramente sarà irriflessivo nei suoi discorsi; misurerà ogni parola.
Il silenzio delle labbra cucite non è silenzio. Si può raggiungere lo stesso risultato tagliandosi la lingua, ma nemmeno quello sarebbe silenzio. E’ silenzioso colui che, potendo parlare, non proferisce alcuna parola inutile.
Siccome credo che la preghiera silenziosa sia spesso una forza più potente di ogni atto esplicito, nella mia impotenza prego continuamente, fiducioso che la preghiera di un cuore puro non resti mai inascoltata.