Un sospiro. Un battito di ciglia … e ci siamo fatti un’idea di una persona. Un giudizio che, spesso e volentieri, diventa definitivo.
Entrano in gioco molti fattori tra cui, molto importante, l’effetto primacy, ossia l’ordine temporale con cui si ricevono le informazioni.
In poche parole, tendiamo a credere che le prime cose di cui veniamo a conoscenza siano vere. Se a un primo incontro l’interlocutore ci appare brillante tenderemo a valutare tutte le sue caratteristiche su questa prima nozione e a confermare la prima ipotesi.
Non solo: si ha la tendenza a giustificare tutte le informazioni discordanti e ad adattarle al modello iniziale o, addirittura, a non prenderle nemmeno in considerazione.
In realtà, siamo molto più conformisti di quanto immaginiamo.
Parole come “io non guardo l’aspetto fisico” o “io non sono influenzabile” dovrebbero essere messe in pausa, come dice un mio caro amico. Chi non si è mai fatto condizionare? Ma non parliamo solo di abiti… gli etologi, per esempio, sostengono che i tratti infantili (guance rotonde, occhi grandi, forme rotondeggianti) suscitano sentimenti di protezione, simpatia e istinto materno. Le persone che possiedono questi lineamenti vengono percepite come più spontanee e affidabili rispetto a quelle i cui tratti somatici sono più forti e marcati.
Poi c’è l’identità sociale. Ognuno di noi trae l’immagine di sé e la propria autostima dai gruppi di appartenenza, partendo dalla professione, alla posizione sociale, all’etnia e via dicendo. Tendiamo a considerare il nostro gruppo migliore rispetto agli altri poiché questo conferma il nostro valore e, nello stesso tempo, ci porta a costruire degli stereotipi (i francesi sono snob, i tedeschi sono rigidi e così via). L’immagine, dunque, ci influenza.
E se ancora siamo convinti di non essere vittime del condizionamento e del pregiudizio… guardiamo un attimo la foto che segue il post… non è forse vero che l’abito, un pochino, fa il monaco? Insomma, siamo tutti influenzabili…
surya